La parola “libero” nell’accoppiata “libero professionista” crea chilate di confusione riguardo al tempo da dedicare agli altri mentre si lavora. Il dramma viene messo in scena quando ad essere confusi sono soprattutto i liberi professionisti appena nati, i vergini, le nuove leve, i cuccioli abituati a sentire in ogni dove che le partite iva sono ladre e fannullone, mentre il lavoratore dipendente è un povero pulcino vessato, sottopagato e privato del tempo per la sua vita.
Chilate di confusione che ho tutta l’intenzione di sciogliere per creare una bella parure di consapevolezza da utilizzare nel caso in cui ti venisse in mente di crederti fortunello a fare il lavoro che ti piace e che quindi sei obbligato a ripagare questa fortuna scippando tempo al tuo lavoro per darlo a tutto il resto del creato “sotto capo”.
Ho evidenziato il problema reperibilità H24 anche nell’ebook “Piccolo manuale del libero professionista vergine”: la convinzione che tu sia disponibile e disturbabile a tutte le ore è un virus parecchio diffuso nell’area dove pascolano i liberi professionisti.
Finché sono clienti che pagano ANCHE per non vedersi il sito crollare alle due di notte e risorgere dopo la tua vacanza di due mesi in Guatemala, ci sta la chiamata in orari dislessici, ma quando sono gli altri, divisi tra parenti e amici, a pensare che tu stia tutto il giorno a soffiare nei rigatoni, allora Houston, abbiamo un grosso problema.
Problema che devi gambizzare SUBITO, ORA, ADESSO, prima di finire non solo a soffiare sui rigatoni, ma anche a sperare di trovarli nel pacco di Natale distribuito dalla parrocchia vicino casa.
Già ci pensa lo Stato a farti sentire un nullafacente con i balconi pieni di orti coltivati a soldi, poi ci si mettono anche gli altri, tutti convinti di poterti organizzare l’agenda in funzione dei loro problemi da “impiegati”.
Perché se vivi in una famiglia o batti un gruppo di amici dove sono tutti dipendenti tranne te, acquisisci il dovere di essere il primo agnello sacrificale in caso di malattie della nonna, bambini da accudire senza sosta, lunghi spostamenti, regali da comprare, organizzazione viaggi, telefono amico in orario di lavoro, lagne sparse, rappresentanza ai funerali, ecc.
Quattro anni fa sono stata costretta a chiudere partita IVA, mollare il mio amatissimo lavoro, i miei clienti, la mia carriera per far fronte ad un grave problema di famiglia (il mio post a riguardo per Afrodite K). E mentre chi mi circondava è andato avanti, professionalmente parlando, io ho dovuto ricostruire tutto da zero, con il mercato saturo di concorrenza e un nome ormai devastato.
Se non ci metti una pezza IMMEDIATAMENTE, il rischio che ti capiti la stessa cosa è molto alto, anche per problemi meno pelosi del mio: basta un amico che non si riprende da un fidanzamento andato in vacca e tu sei finito.
Ti ritrovi improvvisamente a spolverare tutti i tuoi impegni sull’agenda per far spazio a qualsiasi richiesta implicita perché non hai un capo che si incazza, è questa la giustificazione ufficiale per tirarti addosso tutte le responsabilità. Il brutto sai qual è? Che la responsabilità non è di chi non capisce, ma di chi non glielo fa capire. Sì, la responsabilità è tua, tua perché ti senti in colpa nei confronti di chi è sempre stato visto dalla società come una vittima del sistema-lavoro, di imprenditori cattivi e schiavisti che lo obbligano a lavorare invece di chattare su Facebook a tutte le ore.
Ed è qui che si crea il gap, perché se credi di essere veramente più libero, be’, non lo sei, almeno non ora che ti affacci in questa giungla e devi sbatterti il triplo rispetto a chi ha anni di esperienza. Non hai un capo, ma hai i clienti e i clienti non sono l’ultima ruota del carro dei tuoi parenti o dei tuoi amici, sono il motore che lo fa piottare, il carro, il TUO CARRO. I clienti non sono costretti a pagare per sbrogliare la vita a chi a fine mese, che abbia lavorato o meno, si trova lo stipendio disteso sul conto; non sono tenuti a capirti se ripetutamente sposti gli appuntamenti per inserirci qualche rogna famigliare o se il pomeriggio precedente, invece di prepararti all’incontro, sei stato tutto il tempo a soffiare il moccio al tuo amico al grido: “Tu sei libero professionista, fai come te pare”.
I clienti non sono tenuti a farlo e infatti non lo fanno, se tu manchi con loro, loro vanno dalla concorrenza.
Non entro nel merito dei vantaggi economici cui hai rinunciato nel momento in cui ti sei dato alla libera professione (tredicesime, malattie pagate, TFR, ecc.), ma vogliamo sederci a parlare di sindacati? A parte l’ACTA e qualche altra associazione “minore”, non conosco un sindacato per lavoratori autonomi di pari portata a quello dei lavoratori dipendenti.
La morale è: se non lavori, non guadagni, se non guadagni non mangi e se non mangi passi dall’essere libero professionista a schiavo degli aiuti genitoriali, se hai grande fattore C., altrimenti manco quelli. Ti bruci il futuro.
Ti conviene essere sempre disponibile, anche quando non potresti, perché qualcuno ti ha convinto che il tuo lavoro NON è tanto importante come quello di un dipendente?
Rispetta il tuo lavoro.
Tu hai degli orari e dei doveri come tutti gli altri, soprattutto verso te stesso: sei l’unico e il solo responsabile del tuo successo o del tuo fallimento, nessuno ti salverà quando avrai toccato il fondo, soprattutto quelli che oggi ti fanno due palle tante perché hai preferito rimanere a casa e finire un progetto invece di ubriacarti con loro alla faccia della baldracca che ha smollato il vostro amico.
Partire da questa consapevolezza ti aiuterà a non sentirti più in obbligo di macinare la tua carriera per permettere a quella degli altri di avanzare tranquillamente alle tue spalle.
Spegni il telefono, oggi non ci sei per nessuno.
Say yes stavolta non vale.
4 Comments
Mario
Aprile 29, 2016 at 2:45 pmCiao Francesca, in realtà i tre principali sindacati italiani (CGIL, CISL e UIL) hanno delle strutture di categoria per i lavoratori “atipici” e partite iva. Tuttavia, visto che ti occupi di ICT, ti invito a dare un’occhiata al CCNL Terziario (di cui siamo firmatari come UILTuCS UIL) che dall’anno scorso prevede i profili ICT e i relativi livelli di inquadramento su base e-CF, standard europeo per le competenze digitali: http://www.sindacato-networkers.it/…/lict-del…/ Spero possa tornarti utile. Sarebbe bello avere anche un commento in tal senso. Buona giornata e buon lavoro!
Pikadilly
Maggio 1, 2016 at 12:15 pmCiao Mario, grazie mille per la segnalazione, visto che non è il mio campo sono disposta a dare la parola a chi, come te vuole fare un po’ di chiarezza in merito. Se sei disponibile, posso farti qualche domanda per chiarire come stanno le cose? Se sì, scrivimi a info@francescaluciani.it e grazie mille. 🙂
Mario
Maggio 2, 2016 at 11:20 amCiao Francesca,
e-mail inviata 😉
A presto,
Mario