Scorrazzando online, trovo spesso gruppi di discussione dove i clienti vengono presentati dai loro web developer come scimmie arboricole capaci solo di grattarsi il culo e di chiedere cose impossibili per il puro gusto di farlo.
Sì, lo so, alcune volte è proprio così, molti clienti hanno una spiccata propensione per scartavetrarti la pazienza, ma nessuno, e sottolineo nessuno, ti obbliga a lavorare con gente simile: per fortuna hai la possibilità di scegliere con chi infarinarti le giornate, e un soldo in meno vale un po’ di serenità mentale in più.
Altre volte invece, il gusto corposo della lagna avvolge la coscienza e la stritola portando alcune persone a scrivere vere e proprie boiate in gruppi di discussione PUBBLICI (da qui deduciamo che l’acume non sia molto spiccato), dove la saccenza è la portata principale che imputridisce ogni possibilità di imparare qualcosa dai clienti.
Perché sì, dai clienti si impara pure qualcosa, basta mettersi in ascolto.
Pensi davvero di saperne più del tuo cliente? Perché io NO.
Molti web developer arrivano al cospetto del cliente con un ammontare di certezze da adattare a tutti indistintamente: Snapchat va di moda tra gli adolescenti? Perché non usarla con un target di ottantenni? Fare video alla Montemagno anche se la dizione è quella di un vombato? E facciamo i video chevvano!
Poi scoprono, ma non lo ammetteranno mai, che tutti quei mezzi senza la famosa strategia sono efficaci come me alla guida di uno shuttle (o anche di un carrello della spesa) e indovina la colpa chi se la prende? Il cliente che non capisce un cazzo.
Ciò che mi ha insegnato un autista
Anni fa un mio cliente mi ha insegnato un paio di cose del mio lavoro, pur facendo altro: lui autista, io consulente di comunicazione, lui tutto il giorno in mezzo ai suoi clienti, io tutto il giorno in mezzo ai coglioni digitali. Dopo avergli presentato un sito che era di una figaggine astronomica, mi ha guardata e smontata in tre frasi tre:
- “Ai miei clienti non piace giocare con le icone che ruotano, vogliono sapere i prezzi delle mie auto e quanto ci metto a portarli dove devono andare”
- “Ai miei clienti non frega niente di vedere tutte queste foto dei monumenti, vogliono solo dimostrare di esserci stati e fare le loro foto”
- “Ai miei clienti non interessa del carattere arricciato dei titoli, vogliono solo leggere più in fretta possibile, chiudere tutto e partire, non stanno lì a farmi l’analisi al sito, se è bello o no, lo vogliono curato, certo, con tutte le informazioni, ma basta così, il più giovane avrà 70 anni!”
Mentre mi diceva queste cose, continuavo a ripetere: “sbagli sbagli sbagli” tirando giù tutta una serie di motivazioni mollicce sul perché avessi ragione io e lui torto, poi però ho notato che i siti della sua concorrenza, anche quelli più popolari, erano la quintessenza del che schifo e ho capito.
Ai suoi clienti non fregava niente delle bellezze estetiche, ai suoi clienti interessava poggiare le chiappe su un’auto prima possibile e partire per raggiungere la destinazione: questa era ed è ancora oggi l’unica cosa che vogliono.
Dopo tanti anni, il suo sito va una bomba, anche se a me fa schifo in ogni sua parte.
Chi aveva ragione? Lui inesperto di rete ma profondo conoscitore del suo target o io che pensavo alla moda del momento che richiedeva caratteristiche grafiche non adattabili a quel progetto perché palesemente inutili?
E tu pensi davvero di saperne sempre più del tuo cliente?